Approfondimento Sentenza 06371/2018 del Consiglio di Stato
Intervista a Prof. Walter Fossati
Sentenza del Consiglio di Stato (Sezione Terza) n. 06371/2018 del 20 settembre 2018
La sentenza richiama al rispetto della normativa I.S.E.E.
Dopo la pubblicazione della sentenza (13 novembre 2018), abbiamo chiesto al prof. Walter Fossati di aiutarci a leggerla per interpretarla nel modo dovuto.
Riportiamo, di seguito, il testo della intervista.
Chi sono stati gli attori del ricorso al Consiglio di Stato?
l giudizio avanti il Consiglio di Stato ha riguardato una persona con disabilità, che frequenta un Centro Diurno Integrato – C.D.D., in provincia di Brescia; gli attori del ricorso sono stati una Associazione di tutela delle persone con disabilità, nonché i genitori della persona stessa.
Come ha impostato il Consiglio di Stato il merito della sentenza?
L’impianto della sentenza e particolarmente delle motivazioni, è basato su una prima parte, che riguarda la ricostruzione della cornice del quadro normativo di riferimento e su una seconda parte, che si integra nella censura del comportamento adottato dal Comune.
Quali sono i richiami essenziali della cornice normativa?
Il primo richiamo è sugli articoli 32, 38 e 53 della Costituzione, per l’affermazione della tutela salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività; del diritto di ogni individuo inabile al lavoro al mantenimento e all’assistenza sociale, in quanto sprovvisto del mezzi necessari per vivere. Infine, il richiamo alla Costituzione riguarda l’impegno di tutti a contribuire alla spesa pubblica, in relazione alla capacità contributiva.
Al di là della Costituzione, quali altre leggi ordinarie vengono richiamate nella sentenza?
Nella sentenza, viene richiamata la Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali. Chi è del mestiere, sa che si tratta della ben nota Legge n. 328 dell’anno 2000. Ebbene, in tre articoli di questa Legge, si stabilisce il compito del Governo di predisporre un Piano Nazionale del servizi sociali.
Così che, nel Piano Nazionale, sono stati indicati i criteri generali per la disciplina del concorso al costo dei servizi sociali da parte degli utenti, tenuto conto dei principi stabiliti per l’I.S.E.E..
“n capo alle Regioni è stato posto il compito di definire i criteri particolari per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni”.
La sentenza ha richiamato come si è mossa la Regione Lombardia?
Sì, la sentenza richiama la Legge Regionale n.3 dell’anno 2008, con la quale è stato recepito il parametro I.S.E.E., quale criterio fondamentale per il riconoscimento di agevolazione per l’accesso alle prestazioni sociosanitarie e sociali.
La sentenza ha richiamato anche il ruolo posto in capo ai Comuni?
I Comuni, in base alla citata Legge Regionale, per l’accesso agevolato alle prestazioni sociosanitarie e sociali e per il relativo livello di compartecipazione al costo delle medesime prestazioni, devono rispettare la disciplina statale dell’I.S.E.E.. Questo vincolo posto in capo ai Comuni è richiamato nella sentenza.
Dunque, nella sentenza, viene richiamato il Decreto n. 159/2013, sull’I.S.E.E?
l D.P.C.M. n.159 dell’anno 2013 viene richiamato nella sentenza, quale atto di regolamentazione della legge n. 214 dell’anno 2011.
Viene ricordato che con tale D.P.C.M. è stata così superata e sostituita la precedente normativa I.S.E.E., già adottata a partire dagli anni 1999 e 2000.
In base a questi richiami normativi contenuti nella sentenza, i Comuni possono ritenere discrezionale l’ applicazione della normativa I.S.E.E.?
Nella sentenza viene citato l’articolo 2 del D.P.C.M. n. 159/2013, in cui si afferma che la determinazione e l’applicazione dell’ indicatore, ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché ai fini della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione.
Dunque, la normativa è vincolativa, perché, come dice la Costituzione, il livello essenziale delle prestazioni deve essere garantito, con criteri unificati, su tutto il territorio nazionale.
Nella sentenza, come viene trattato l’argomento delle provvidenze economiche assistenziali (indennità di accompagnamento…), per le persone che accedono alle prestazioni sociali agevolate?
Il Consiglio di Stato significa che, con proprie precedenti sentenze (838, 841 e 842), ha annullato quelle norme regolamentari del D.P.C.M. n. 159/2013 che computavano nel reddito imponibile anche le voci aventi natura indennitaria o compensativa, cioè quelle misure che risarciscono la persona per la sua inabilità e che prescindono dal reddito.
A seguito di tali pronunciamenti del Consiglio di Stato, il legislatore ha poi modificato il D.P.C.M. n. 159/2013, nel senso che sono stati esclusi dal reddito disponibile delle persone con disabilità o non autosufficienti i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari da essi percepiti.
Nella sentenza, come viene trattato l’argomento della composizione del nucleo familiare per le persone che accedono alle prestazioni sociali agevolate?
“Il Consiglio di Stato cita l’art.6 del D.P.C.M. n. 159/2013, nel quale è stabilito che il nucleo familiare di riferimento deve intendersi composto dalla persona assistita, dal coniuge e dai figli a carico.
Ne consegue che, nel caso della persona con disabilità maggiorenne, non coniugato e senza figli e che conviva con i genitori, si debba fare riferimento alla situazione economica del solo assistito.
In questa prima parte motivazionale della sentenza, vengono richiamati altri elementi di cornice giuridica?
No, oltre a quelli sui quali ci siamo fin qui soffermati non sono contenuti nella sentenza altri significativi riferimenti di richiamo giuridico.
Ora, possiamo soffermarci su quali ragioni il Consiglio di Stato ha censurato il comportamento del Comune e su quali ragioni è stata ribaltata la decisione della sentenza emessa in primo grado di giudizio dal TAR?
Il Consiglio di Stato ha censurato l’onere contributivo fisso, introdotto con gli atti amministrativi del Comune, pari al 30% del costo del servizio –C.D.D., per gli utenti percettori di pensione di invalidità e percettori dell’indennità di accompagnamento; ciò, indipendentemente dal valore dell’I.S.E.E..
Questa percentuale di contributo fisso è stato fatto salire dalle determinazioni comunali sulla base del criterio della progressione lineare in proporzione all’ISEE sino a raggiungere il 50% del costo.
Altresì, viene censurata la contribuzione fissa di base, per gli utenti percettori della sola pensione di invalidità, fissata al 5% del costo del servizio.
Perché le percentuali fisse del 30% e del 5% sono censurate dalla sentenza?
Viene affermato nella sentenza che l’ opzione di una contribuzione fissa si pone in contrasto con la disciplina di riferimento, essendo totalmente svincolata dal parametro vincolante dell’indicatore I.S.E.E..
Nella sentenza si afferma che gli emolumenti dell’indennità di accompagnamento e della pensione di invalidità non devono costituire un improprio e discriminante criterio selettivo.
Si afferma nella sentenza che questi emolumenti avrebbero dovuto essere considerati normativamente “protetti” e, dunque, considerati con valenza neutra, tanto ai fini dell’ISEE, quanto, in via consequenziale, nella definizione della capacità contributiva degli utenti.
Cosa dice la sentenza in merito alla composizione del nucleo familiare per la rilevanza dell’I.S.E.E.?
Viene censurata la clausola sociale attribuita, indebitamente, al reddito dell’intero nucleo familiare, ancorando le uniche possibili deroghe al previo accertamento di una complessiva situazione di particolare gravità e di elevato rischio di esclusione sociale.
Nella sentenza come è giudicato il Comune che assume delle determinazioni in contrasto con la normativa vincolativa dello Stato e della Regione?
Nella sentenza si afferma che non è possibile accreditare spazi di autonomia regolamentare ai Comuni rispetto ai vincoli che si rinvengono nella richiamata cornice normativa di riferimento; non può essere consentita la introduzione di criteri ulteriori e derogatori rispetto a quelli che il legislatore riserva, in prima battuta, allo Stato e, in via integrativa, alla Regione.
In definitiva, nella sentenza si afferma che non è consentita la pretesa del Comune di creare criteri avulsi dall’ISEE con valenza derogatoria ovvero finanche sostitutiva.
In merito all’onere economico sostenuto dal Comune, affinchè risulti compatibile con la disponibilità del bilancio comunale, cosa dice la sentenza ?
La sentenza afferma che non assumono rilievo ostativo le esigenze avanzate dal Comune, tendenti ad assicurare gli equilibri di bilancio.
La sostenibilità finanziaria deve salvaguardare l’esercizio dei diritti a nucleo incomprimibile delle persone con disabilità, secondo i principi più volte affermati dalla Corte Costituzionale e dalla Convenzione di New York, che assicurano la tutela assistenziale ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere.
In conclusione, quali considerazioni si possono trarre dalla sentenza?
La sentenza è illuminante sotto il profilo del comportamento dei Comuni. Essi sono tenuti al rigoroso rispetto della normativa I.S.E.E..Non sono ammesse le manipolazioni della normativa, come quelle censurate dal Consiglio di Stato nella sentenza presa in esame.
Purtroppo, per quello che ci è dato di conoscere, le manipolazioni della normativa sono assai diffuse nel comportamento dei Comuni, nella nostra Regione.
Manipolazioni che hanno scopo di rendere la compartecipazione dell’utente più gravosa rispetto alla misura dovuta.
I Comuni sostengono che è necessario rendere l’intervento assistenziale compatibile con l’impegno economico del bilancio comunale.
E’ bene che gli amministratori comunali si rendano conto che quando si tratta di prestazioni rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza non è consentito loro di subordinare l’esercizio del diritto all’assistenza alla disponibilità del bilancio. E’ il bilancio comunale che deve essere adeguato alle esigenze assistenziali e non viceversa.
Ci sia consentito di aggiungere che la sentenza dovrebbe far riflettere anche le varie associazioni di tutela.
Esse, da un lato, non devono lasciar sole le persone nella rivendicazione dei diritti. Dall’altro lato, sarà bene che agiscano, più di quanto oggi non facciano, sul piano della coscientizzazione dei propri aderenti (a partire dai…).
Soltanto con una loro più intensa funzione pedagogica, potrà risultare efficace il momento interlocutorio con le Istituzioni Pubbliche.
"Aproposito della funzione pedagogica delle associazioni, l’osservazione viene estesa, con maggiore implicazione, nell’area della tutela delle persone anziane, malate croniche, non autosufficienti, che sono attori/vittime del non rispetto della normativa I.S.E.E., al pari, se non peggio, delle persone con disabilità.
Allorchè si prenda in considerazione il modo in cui gli Enti Gestori delle Residenze Sanitarie Assistenziali – R.S.A. propongono il contratto di ingresso alle persone anziane, che chiedono il ricovero, prescindendo integralmente dalla normativa I.S.E.E., non si può non convenire quanto la condizione di mancato rispetto della normativa sia ancora più arretrata, se confrontata con la sua manipolazione.
(19 novembre 2018)