CSE/SFA chi paga la retta? Intervista al Prof. Walter Fossati

In data 26 settembre scorso, il consiglio direttivo dell’associazione “Senza Limiti”, di rilevanza regionale, alla quale M.T.D. è aderente, ha incaricato  Walter Fossati (già docente di politica sociale all’E.S.A.E. di Milano) di esaminare la normativa nazionale e regionale riguardante le unità d’offerta C.S.E./S.F.A.per persone con disabilità.

In particolare, l’esame doveva essere compiuto sotto il profilo del costo di tali servizi, ovvero di chi è tenuto a sopportarne il costo, nonché l’eventuale compartecipazione da parte delle persone fruitrici.

In questi ultimi giorni, Fossati ha presentato il suo studio.

Riteniamo necessario che da parte nostra si contribuisca a diffonderne i tratti essenziali.

Per questo motivo, lo abbiamo intervistato e, di seguito, presentiamo l’esito del nostro colloquio.

Nel  consiglio direttivo di “Senza Limiti”, come è nata la questione  della onerosità delle unità d’offerta C.S.E./S.F.A.?

All’incontro  di Senza Limiti del 26 settembre scorso, la referente dell’associazione Gruppo Accoglienza Disabili - G.A.D. di Cinisello Balsamo ha sollevato la questione.

Per quale ragione?

II proposito, la referente aveva avuto con i rappresentanti dei Comuni facenti capo  alla zona di Cinisello Balsamo un confronto, con disparità di vedute.

Con quali opinioni e con quali prese di posizione ?

La referente del G.A.D. sosteneva la gratuità dei servizi, mentre i rappresentanti dei Comuni erano convinti della doverosità che le persone fruitrici dei C.S.E./S.F.A. dovessero contribuire al costo del servizio.

Veniamo al suo esame di merito, ci può dire su quali documenti si è basato?

Mi sono basato su quattro atti amministrativi, di cui due di livello nazionale e due della Giunta Regionale.

Quali sono stati gli atti presi in esame?

Per il livello nazionale, il primo documento amministrativo è stato il Provvedimento del 7 maggio 1998 del Ministero della Sanità, rubricato <Linee-Guida per le attività di Riabilitazione>; il secondo documento amministrativo è stato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – D.P.C.M. 14 febbraio 2001.

Per il livello regionale, ho preso in considerazione la Deliberazione della Giunta Regionale n.X/3210 del 26 febbraio 2015.

Questa Deliberazione ha avuto un seguito, per la medesima materia trattata, con la D.G.R. n.X/3230 del  06 marzo 2015.

Cosa ha trovato di interessante nel Provvedimento del Ministero in tema di riabilitazione?

Nel paragrafo della <strategia dell’intervento riabilitativo>, ho valutato molto significative le definizioni che riguardano le <attività sanitarie di riabilitazione> e le <attività di riabilitazione sociale>.

In che senso queste definizioni le ha trovate significative?

Mentre le attività sanitarie di riabilitazione sono tutte incentrate sulla persona affetta da menomazioni, e sono tese a contenere o a minimizzare la sua disabilità, perché la persona possa muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare comunicare e relazionarsi… le attività di riabilitazione sociale sono rivolte al contesto socio-ambientale, per garantire alla persona con disabilità la massima partecipazione possibile alla vita sociale.

Dalla  definizione di attività di riabilitazione sociale si evince che le azioni e gli interventi di riabilitazione sono rivolti essenzialmente al contesto di vita della persona con disabilità.

Contesto che deve risultare massimamente aperto ed accogliente, per attenuare, o, addirittura,cancellare  lo stigma dello svantaggio sociale.

Nello scenario di vita della persona con disabilità, ecco l’azione  delle due unità d’offerta in questione: Il Centro Socio Educativo – C.S.E.  e il Servizio di Formazione all’ Autonomia – S.F.A. .

Le due unità, nel contesto socio-ambientale, sviluppano la loro azione, facendo leva sia sul momento riabilitativo  di natura educativa (C.S.E.), sia  sulla funzione addestrativa/lavorativa (S.F.A.) delle persone con disabilità.

In tale modo, esse offrono alle persone fruitrici delle reali possibilità  di compiere, insieme ad altri stimoli ed incentivi, un percorso verso  la <massima partecipazione possibile alla vita sociale>.

Passiamo al D.P.C.M. 14 febbraio 2001, cosa ha trovato di significativo in questo decreto ?

Questo decreto contiene una tabella, nella quale, al punto 2, rubricato “tutela del disabile”, si richiamano le prestazioni “…di riabilitazione, educative e di socializzazione, di facilitazione dell’inserimento scolastico e lavorativo, in  regime domiciliare, semiresidenziale (la sottolineatura è nostra, n.d.r.) e residenziale, nella fase di lungo assistenza, compresi gli interventi e i servizi di sollievo alla famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

“Nello stesso punto 2, vengono indicate le percentuali di costo del servizio, che sono attribuite nel seguente modo:

 

(i) le prestazioni  diagnostiche, riabilitative e di consulenza specialistica,  poste a carico del Servizio Sanitario Nazionale – S.S.N. = con onere nella misura del 100%;

 

(ii) l’assistenza in strutture semiresidenziali e residenziali per disabili gravi, posta a carico del S.S.N. = con onere nella misura del 70%, nonché a carico dei Comuni = con onere nella misura del 30%, fatta salva la compartecipazione da parte dell’utente;

 

(iii) l’assistenza nei servizi di residenza permanente (Comunità Socio Sanitarie, Comunità Alloggio, Case Famiglia…) per i disabili gravi privi del sostegno familiare, posta a carico del S.S.N. = con onere nella misura del 40%, nonché a carico dei Comuni = con onere nella misura del 60%, fatta salva la compartecipazione da parte dell’utente;

 

(iv)  l’assistenza sociale, scolastica ed educativa e i programmi di inserimento sociale e lavorativo,  posti a carico dei Comuni = con onere nella misura del 100%.

 

 

 

“Da ciò discende che l’ assistenza in strutture semiresidenziali , di cui alla variabile del punto (ii), non può essere ricondotta  alle unità d’offerta C.S.E./S.F.A.,ma può riguardare l’unità d’offerta Centro Diurno Disabili – C.D.D., in quanto, esplicitamente, la sua fruizione viene rivolta alle persone con disabilità grave”.

 

“Come si ha modo di notare, le unità di offerta C.S.E./S.F.A. possono essere inquadrate nella variabile (iv), in quanto la loro essenziale ragione sociale, come ho già richiamato, è incentrata sulla funzione educativa e di avviamento al lavoro”.

 

“Altresì, è cosa opportuna osservare che ai punti di cui alle variabili (ii) e (iii) l’ onere dei Comuni viene sopportato con la loro rivalsa compartecipativa  nei confronti dell’utente”.

 

“Mentre, la compartecipazione dell’utente al costo del servizio non è prevista nella modalità di intervento dei Comuni, di cui alla variabile (iv), ovvero in quella dove può essere ricondotta la funzione delle unità d’offerta C.S.E./S.F.A.”.

 

 

 

Per quanto attiene agli atti della Regione Lombardia, quali sono le sue osservazioni in merito alla Deliberazione della Giunta Regionale n. X/3210 del 26 febbraio 2015 ?

 

“Questa deliberazione è rubricata  <Presa d’atto della comunicazione dell’Assessore Cantù avente per oggetto: elementi di percorso in ordine all’ applicazione del DPCM 159/2013 in Regione Lombardia>”.

 

 

 

 

 

“Come ho già riferito, la D.G.R. n.X/3210 è confluita nella successiva deliberazione della Giunta Regionale n. X/3230 del 06 marzo 2015, rubricata <Prime determinazioni per l’uniforme applicazione del DPCM 159/2013>”.

 

“ La prima e la seconda deliberazione citate, stabiliscono, uniformemente, la modalità di compartecipazione al costo dei servizi socio-assistenziali e sociosanitari, in applicazione della normativa ISEE”.

 

“La compartecipazione al costo dei servizi da parte degli utenti, basata sulla certificazione dell’ Indicatore della Situazione Economica Equivalente – I.S.E.E., presenta due modalità”.

 

Quali sono le due modalità ?

 

“La  modalità dell’ <I.S.E.E. ordinario> è stabilita dagli artt. 3, 4 e 5 del D.P.C.M. 159/2013, con la quale vengono  coinvolte, nella prova del mezzi, tutte le persone del nucleo familiare della persona richiedente l’agevolazione economica nella fruizione dei servizi”.

 

“La modalità dell’  <I.S.E.E. sociosanitario> (altrimenti denominato “I.S.E.E. ristretto”) è stabilita dall’art.6 del D.P.C.M. 159/2013, con la quale  è computata la situazione economica della persona assistita e   di due soggetti del  suo gruppo parentale: il coniuge e i figli”.

 

Quali sono i riflessi economici nell’applicazione dell’ “I.S.E.E. sociosanitario” ?

 

“Con questa seconda modalità, le persone con disabilità,  che non sono sposate e che non hanno figli, situazione ampiamente ricorrente, hanno la prerogativa di presentare l’ <I.S.E.E. sociosanitario>, nel quale si rileva soltanto la loro personale situazione economica e non quella dei genitori” .

 

C’è altro di rilevante nella Deliberazione della Giunta Regionale ?

 

“Direi proprio di sì”.

 

“Nell’allegato <A> della Deliberazione, i servizi vengono ripartiti  in tre gruppi, denominati <A.1>, <A.2> e <A.3>”.

 

“L’ <I.S.E.E. ordinario> viene applicato agli interventi, ai servizi e alle prestazioni di welfare indicati nel gruppo <A.1>, dove sono annoverati  i contributi economici,l’ assistenza domiciliare, i ricoveri notturni…, che  nulla hanno a che vedere con le unità d’offerta C.S.E./S.F.A.”.

 

“L’  <I.S.E.E. sociosanitario> viene applicato agli interventi, ai servizi e alle prestazioni del gruppo <A.2>, ovvero applicato alle unità d’offerta sociosanitarie per le persone con disabilità grave, ricoverate nelle R.S.D., o residenti nelle C.S.S., nonché applicato alle persone con disabilità grave, fruitrici della unità d’offerta semiresidenziale C.D.D.”.

 

 

 

 

 

 

 

“Lo stesso “I.S.E.E. sociosanitario” viene applicato anche agli interventi… del gruppo <A.2>  alle unità d’offerta per le persone anziane, malate croniche, non autosufficienti, ricoverate nelle Residenze Sanitarie Assistenziali - R.S.A., o fruitrici di servizi semiresidenziali , denominati Centri Diurni Integrati - C.D.I.”.

 

“Quindi,  nel gruppo <A.2> le unità d’offerta C.S.E./SFA non vengono menzionate.

 

“Infine, gli interventi, i servizi e le prestazioni del gruppo <A.3> riguardano l’assistenza domiciliare ai minori, la contribuzione al costo delle unità d’offerta concernenti le comunità educative e altri servizi dell’area  scolastica, come gli asili nido, le scuole per l’infanzia, la mensa scolastica…”.

 

“Anche in questo terzo raggruppamento, non compaiono le unità d’offerta  C.S.E./S.F.A.”.

 

 

 

Quali conclusioni si possono trarre dall’esame da lei compiuto ?

 

“Alla luce dei documenti amministrativi presi in esame, si può sostenere la tesi che la fruizione del Centro Socio Educativo e del Servizio per la Formazione dell’Autonomia non sia onerosa per le persone con disabilità, utenti di tali servizi”.

 

(09 novembre 2017)